Eclisse. La luna solca il cielo attraverso una finestra aperta, 1974, frame da videotape |
C’è un video – ‘Eclisse’ (1974) - nel quale al di là di una minuscola finestra, la luce della luna attraversa il cielo scuro e a un certo punto, si allarga, va a sommarsi al lume della candela che è sul davanzale. Poi proseguirà il suo cammino. Fuori c’è la strada con tutti i rumori. È un passaggio incerto, dal buio alla luce (o dalla luce al buio).
È una linea sottile, quella tra la vita e la morte, dice l’artista Bill Viola, nessuno di noi vuole pensare a quanto sia fragile la nostra esistenza, ma per me la bellezza dell’universo nasce proprio da questa fragilità.
C’è una telecamera, con la livella fissa alla base del fotogramma (‘Livella’, 1973), maldestramente disposta a registrare l’interno di una stanza, la strada, un vicolo angusto. Invano l’occhio meccanico cerca di carpire quel che carpire non si può. Se non fosse per la presenza della livella, in verità, nemmeno ci accorgeremmo che siamo in movimento. Avere a disposizione un sistema di misurazione non ci salverà né tanto meno ci aiuterà ad avviare un’indagine sul mondo. Ci è piuttosto in-di-spen-sa-bile per prendere coscienza del nostro corpo, perciò.
C’è un uomo vestito che sbucando dal bosco, si arresta sul bordo di una piscina (‘Vasca riflettente’, 1977). L’uomo ci si tuffa. Il corpo rannicchiato rimane sospeso in aria. In osmosi con la vegetazione, man mano si dissolve. Scompare. E con il corpo scompare la sua ombra. Dallo specchio d’acqua, l’uomo risorgerà dopo parecchi interminabili secondi, nudo. Qualche anno fa, in un’intervista, Bill Viola aveva raccontato di quella volta che da bambino era caduto in un lago (dalle sue parti, nel Nord d'America, questi boschi alla Hemingway...) e aveva rischiato di annegare. Eppure, quando lo avevano salvato, riportato a terra, con riluttanza aveva lasciato la profondità dell’acqua. L’acqua increspata di luce è l’immagine più bella che abbia visto in vita mia, dice Bill Viola.
Uomo e donna in cerca dell'immortalità, 2013, frame da video |
E ci sono i martiri (‘Serie dei martiri’, 2014), i corpi violentemente percossi dai quattro elementi. Non sono dei santi, i martiri. Bensì degli uomini che difendono i principi nei quali credono a costo di dar via la vita. Uomini con degli ideali? Sì. Non c’è bisogno di scomodare la religione per scovare degli eroi.
Penso che ogni volta che fai qualcosa che tocca l’interiorità dell’essere umano, dice Bill Viola, ogni cosa che emerga da noi stessi, da un luogo genuino, è un atto sacro. Tutto ciò che ci circonda è scaturito dall’ispirazione dell’aver trasformato il mondo materiale nella nostra visione interiore. Così i musei, per esempio, dice che lui li considera dei luoghi religiosi, spazi dello spirito.
La stanza di Catherine, 2001, frame da video |
Ci sono le ‘Quattro mani’ (2001), mani di età e sesso diversi che compiono gesti familiari, ordinari, ma anche simbolici ed eroici.
C’è ‘Il sentiero’ (2001), che è il video tutto orizzontale di una pineta, nella quale, immerse nella bella luce dell’alba, sfilano persone di ogni ceto sociale e razza. Magari la vita fosse come quella pineta.
C’è ‘Emersione’ (2002), l’istallazione forse più celebre di Bill Viola - di sicuro l'avete vista - una Pietà sui generis, nella quale Cristo è un ragazzo dalla carnagione bianchissima, come la pelle fosse stata cosparsa di Borotalco, presenza spettrale, marmorea, quasi, al pari del sacello dal quale emerge al rallentatore. Il movimento del corpo è impedito dall’acqua che riempie il sacello, che strabocca a terra. Le donne che lo sorreggono e depongono sono pie donne del nostro tempo, con una delle due che esibisce una chioma vagamente rasta.
Sulla parete opposta della sala è appeso l’affresco staccato della ‘Pietà’ di Masolino da Panicale (1424, Museo della Collegiata, Empoli), che mostra una scena simile, ma Bill Viola dice che no, non era sua intenzione citare la storia dell’arte, operazione che gli sembra senza senso, dice, perché tutta l’arte è contemporanea, universale ed eterna. Vero, penso io.
Diluvio, 2002, frame da video |
L’uomo del Rinascimento guerreggiava vincitore, l’uomo del Contemporaneo si accontenta di portar via la sua sedia preferita.
Bill Viola dice che quando arrivò a Firenze – dove negli anni Settanta ha diretto un centro di produzione video – come prima cosa, lo colpirono i dipinti che facevano tutt’uno con le architetture. Dice che lui li ha immediatamente percepiti come una forma di installazione ante litteram, arte collegata al corpo.
E a proposito di Rinascimento elettronico, nel video ‘La traversata’ (1996), il soggetto che ci viene incontro sembra essere proprio lui, l’artista, o qualcuno che si è impegnato a farne le veci. È lui, l’artista, che si fa divorare dal fuoco. È sempre lui, che – nel video speculare – si lascia inondare da una cascata d’acqua. Nella manipolazione digitale degli elementi, scompare, riappare.
L’arte digitale ci travolgerà, come è accaduto con la rivoluzione industriale. Il ruolo dell’artista sarà sempre più importante, dice Bill Viola, la nostra visione dovrà comunicare conoscenza e compassione. Se no, andremo incontro a una rivoluzione vuota. Conoscenza e compassione, proprio così, dice.