giovedì 18 maggio 2017

Descrizione dell’opera dell’artista Bill Viola, esposta nella mostra ‘Bill Viola Rinascimento elettronico’ - Palazzo Strozzi, Firenze – fino al 23 luglio 2017

Eclisse. La luna solca il cielo attraverso una finestra aperta, 1974, frame da videotape

C’è un video – ‘Eclisse’ (1974) - nel quale al di là di una minuscola finestra, la luce della luna attraversa il cielo scuro e a un certo punto, si allarga, va a sommarsi al lume della candela che è sul davanzale. Poi proseguirà il suo cammino. Fuori c’è la strada con tutti i rumori. È un passaggio incerto, dal buio alla luce (o dalla luce al buio).
È una linea sottile, quella tra la vita e la morte, dice l’artista Bill Viola, nessuno di noi vuole pensare a quanto sia fragile la nostra esistenza, ma per me la bellezza dell’universo nasce proprio da questa fragilità.
C’è una telecamera, con la livella fissa alla base del fotogramma (‘Livella’, 1973), maldestramente disposta a registrare l’interno di una stanza, la strada, un vicolo angusto. Invano l’occhio meccanico cerca di carpire quel che carpire non si può. Se non fosse per la presenza della livella, in verità, nemmeno ci accorgeremmo che siamo in movimento. Avere a disposizione un sistema di misurazione non ci salverà né tanto meno ci aiuterà ad avviare un’indagine sul mondo. Ci è piuttosto in-di-spen-sa-bile per prendere coscienza del nostro corpo, perciò.
C’è un uomo vestito che sbucando dal bosco, si arresta sul bordo di una piscina (‘Vasca riflettente’, 1977). L’uomo ci si tuffa. Il corpo rannicchiato rimane sospeso in aria. In osmosi con la vegetazione, man mano si dissolve. Scompare. E con il corpo scompare la sua ombra. Dallo specchio d’acqua, l’uomo risorgerà dopo parecchi interminabili secondi, nudo. Qualche anno fa, in un’intervista, Bill Viola aveva raccontato di quella volta che da bambino era caduto in un lago (dalle sue parti, nel Nord d'America, questi boschi alla Hemingway...) e aveva rischiato di annegare. Eppure, quando lo avevano salvato, riportato a terra, con riluttanza aveva lasciato la profondità dell’acqua. L’acqua increspata di luce è l’immagine più bella che abbia visto in vita mia, dice Bill Viola.
Uomo e donna in cerca dell'immortalità, 2013, frame da video
In un altro video ci sono ‘Un uomo e una donna in cerca dell’immortalità’ (2013). La coppia avanza nuda verso di noi. A un certo punto i due estraggono una torcia elettrica e cominciano a studiare gli anfratti del loro corpo in decadenza. Altroché i giovani e belli ‘Adamo’ ed ‘Eva’ (1515) di Cranach il Vecchio! Nasciamo già vecchi e la vita, ce la giochiamo tutta a studiare in solitudine noi stessi.
E ci sono i martiri (‘Serie dei martiri’, 2014), i corpi violentemente percossi dai quattro elementi. Non sono dei santi, i martiri. Bensì degli uomini che difendono i principi nei quali credono a costo di dar via la vita. Uomini con degli ideali? Sì. Non c’è bisogno di scomodare la religione per scovare degli eroi.
Penso che ogni volta che fai qualcosa che tocca l’interiorità dell’essere umano, dice Bill Viola, ogni cosa che emerga da noi stessi, da un luogo genuino, è un atto sacro. Tutto ciò che ci circonda è scaturito dall’ispirazione dell’aver trasformato il mondo materiale nella nostra visione interiore. Così i musei, per esempio, dice che lui li considera dei luoghi religiosi, spazi dello spirito.
La stanza di Catherine, 2001, frame da video
C’è la giornata della signora Catherine (‘La stanza di Catherine’, 2001): Catherine che compie i quotidiani esercizi di ginnastica la mattina, Catherine che cuce, Catherine che scrive (e si dispera), Catherine che si prepara per affrontar la notte… Nell’alternanza luce/buio, vita/morte. Catherine è una donna comune. E non può certo essere paragonata alle monache domenicane rappresentate nelle predelle di Andrea di Bartolo poste di fronte, donne che si sono votate a una vita ascetica, invece. C’è però, in entrambi i casi, una scelta di rigore, un metodo.
Ci sono le ‘Quattro mani’ (2001), mani di età e sesso diversi che compiono gesti familiari, ordinari, ma anche simbolici ed eroici.
C’è ‘Il sentiero’ (2001), che è il video tutto orizzontale di una pineta, nella quale, immerse nella bella luce dell’alba, sfilano persone di ogni ceto sociale e razza. Magari la vita fosse come quella pineta.
C’è ‘Emersione’ (2002), l’istallazione forse più celebre di Bill Viola - di sicuro l'avete vista - una Pietà sui generis, nella quale Cristo è un ragazzo dalla carnagione bianchissima, come la pelle fosse stata cosparsa di Borotalco, presenza spettrale, marmorea, quasi, al pari del sacello dal quale emerge al rallentatore. Il movimento del corpo è impedito dall’acqua che riempie il sacello, che strabocca a terra. Le donne che lo sorreggono e depongono sono pie donne del nostro tempo, con una delle due che esibisce una chioma vagamente rasta.
Sulla parete opposta della sala è appeso l’affresco staccato della ‘Pietà’ di Masolino da Panicale (1424, Museo della Collegiata, Empoli), che mostra una scena simile, ma Bill Viola dice che no, non era sua intenzione citare la storia dell’arte, operazione che gli sembra senza senso, dice, perché tutta l’arte è contemporanea, universale ed eterna. Vero, penso io.
Diluvio, 2002, frame da video
Anche il ‘Diluvio (2002), come lo intende lui, poco ha in comune con quello rinascimentale di Paolo Uccello per il chiostro Verde della chiesa di Santa Maria Novella, al quale viene contrapposto. Nella scena di Paolo Uccello, infatti, nonostante la catastrofe naturale, gli omuncoli continuano imperterriti il loro combattimento. Nel video di Bill Viola, invece, gli omuncoli loro discendenti dapprima camminano in tutta tranquillità davanti a un bel palazzo fresco di restauro. Poi, appena diventa chiaro che l’acqua inghiottirà tutto, eccoli scappare a gambe levate, ecco che cercano di mettere in salvo i loro oggetti. Ridicoli raccattatori di oggetti, già.
L’uomo del Rinascimento guerreggiava vincitore, l’uomo del Contemporaneo si accontenta di portar via la sua sedia preferita.
 Bill Viola dice che quando arrivò a Firenze – dove negli anni Settanta ha diretto un centro di produzione video – come prima cosa, lo colpirono i dipinti che facevano tutt’uno con le architetture. Dice che lui li ha immediatamente percepiti come una forma di installazione ante litteram, arte collegata al corpo.
E a proposito di Rinascimento elettronico, nel video ‘La traversata’ (1996), il soggetto che ci viene incontro sembra essere proprio lui, l’artista, o qualcuno che si è impegnato a farne le veci. È lui, l’artista, che si fa divorare dal fuoco. È sempre lui, che – nel video speculare – si lascia inondare da una cascata d’acqua. Nella manipolazione digitale degli elementi, scompare, riappare.
L’arte digitale ci travolgerà, come è accaduto con la rivoluzione industriale. Il ruolo dell’artista sarà sempre più importante, dice Bill Viola, la nostra visione dovrà comunicare conoscenza e compassione. Se no, andremo incontro a una rivoluzione vuota. Conoscenza e compassione, proprio così, dice.

lunedì 13 marzo 2017

Racconto di milleduecentosettantun caratteri intitolato 'Prove di dialogo in lingua straniera'

Nel mio palazzo vivono due coppie, una napoletana, l’altra russa. Sono amiche. Una sera discussero. «È stato il Duce a bonificare l’Agro Pontino, che prima era tutto palude!» diceva la coppia napoletana. «È stato Stalin a completare la rivoluzione proletaria, patrimonio culturale dell’umanità!» diceva la russa. Ciascuno difendeva il dittatore suo connazionale. Ma il giorno dopo le mogli chiacchieravano in pace. «Nella pizza l’olio piccante è d’obbligo, eh» diceva la napoletana. «La miglior pizza della mia vita, l’ho mangiata in un ristorante di Mosca» diceva la russa. Tra di loro comunicano in francese. I primi emigranti italiani di St. Louis, Missouri, furono dei lombardi. Arrivarono alla fine dell’Ottocento, lavoravano nelle cave d’argilla e nelle fornaci. All’inizio del Novecento fu la volta dei siciliani. Finalmente gente come noi! si dissero i lombardi, che soffrivano, si sentivano negletti, stranieri. «Benvenuti, cari compatrioti!» dissero in dialetto lombardo ai siciliani. «Uh! Ma che minchia di lingua parlate?» dissero i siciliani in siculo. Non si capivano. Non riuscivano a comunicare. Sebbene fossero tutti italiani, si scoprivano gli uni agli altri stranieri. I figli avrebbero insegnato loro l’inglese. «Disporre di un’altra lingua, una lingua comune» dissero i figli «è indispensabile, anche se si è uguali».

venerdì 14 febbraio 2014

Francesco Petrarca - ‘E ho in odio me stesso, e amo altrui' feat. Skiantos - ‘Io non so chi poi mi trattiene dal tagliarmi le tue vene’

Pace non trovo e non ho da far guerra
e temo, e spero; e ardo e sono un ghiaccio;
e volo sopra 'l cielo, e giaccio in terra;
e nulla stringo, e tutto il mondo abbraccio.

Tal m'ha in pregion, che non m'apre né serra,
né per suo mi riten né scioglie il laccio;
e non m'ancide Amore, e non mi sferra,
né mi vuol vivo, né mi trae d'impaccio.

Veggio senz'occhi, e non ho lingua, e grido;
e bramo di perire, e cheggio aita;
e ho in odio me stesso, e amo altrui.

Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte e vita:
in questo stato son, donna, per voi.


[Francesco Petrarca, Canzoniere, sonetto 30v, Milano, Bur, pag.547]


Non ti sopporto più m'hai rotto i coglioni mi scarichi addosso le tue paranoie io non ne voglio un cazzo, io non ne voglio un cazzo, io non ne voglio un cazzo - io non sopporto più il tuo isterismo che sta rodendo il mio organismo -  fatti un po' i cazzi tuoi, fatti un po' i cazzi tuoi, fatti un po' i cazzi tuoi -  mi fai sempre delle gran scene ed io non so chi poi mi trattiene dal tagliarmi le tue vene, dal tagliarmi le tue vene, dal tagliarmi le tue vene - io non sopporto più le tue crisi isteriche - mi viene una voglia, una voglia feroce di darti un rullo di kartoni, di darti un rullo di kartoni, di darti un rullo di kartoni.
[Skiantos, Non ti sopporto più, Kinotto, Cramps Records, 1979]

giovedì 6 febbraio 2014

Un clochard che viene obbligato a indossare uno smoking

[...] Viviamo in una eclatante contraddizione. Da un lato si rivendica, in ogni campo, il valore della diversità, si riconoscono diritti e pari dignità a categorie e a culture prima ignote o conculcate. Dall'altro si impongono, esplicitamente o subliminalmente, comportamenti, gusti, abitudini uguali per tutti e obbligatori per tutti. [...] Tutti devono leggere gli stessi libri, discutere gli stessi problemi, partecipare agli stessi eventi. Chi non lo fa è un asociale che va ricondotto alla norma anche contro la sua volontà, un clochard che viene obbligato a indossare uno smoking. [...] Alcune di queste iniziative sono generose e chi vi sacrifica il tempo della sua vita [...] va ammirato, ma nessuno può essere obbligato a seguire il suo esempio, come chi ammira la castità di San Luigi Gonzaga non è perciò obbligato a imitarlo. [...]
[Claudio Magris, Su facebook a mia insaputa. Rifiuto a iscrivermi al partito invisibile, sul Corriere di oggi, pag.33]